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Quattro chiacchiere con il Maestro Massimo Volpe

Trasposizione di Brunella Gulli

Giornata non proprio splendida, Nord Italia. Una tavola imbandita e quattro amici seduti, pronti per il pranzo. Uno è il Maestro: gentile e affabile, generoso e disponibile al dialogo.

Si comincia a parlare del più e del meno, normalmente, come quattro amici sanno fare.

La cosa interessante è che, in realtà, amici non siamo; è la prima volta che ci incontriamo ma è come se questo non fosse importante, l'armonia è nell'aria.

La disponibilità di Massimo Volpe è totale e la nostra curiosità come interlocutori è affamata di aneddoti e racconti di una vita vissuta perennemente on stage, su palchi e teatri di tutto il mondo. Le domande partono spontanee: «Ma, quella volta che avete suonato con...»; «Quell'altra volta che abbiamo visto alla televisione una vecchia puntata di...»; «È vero che...»; «Com'è stato suonare con...» ecc. Sono domande che ogni estimatore di un musicista, sia esso fan accanito o semplice amante della musica in generale, non perderebbe occasione di fare!

Il racconto comincia e prosegue per ore e ore. Il tempo sembra scorrere lento, interessati come siamo a capire e condividere emozioni vissute dal Maestro nell'arco dei suoi lunghi anni di carriera.

Racconta aneddoti con l'entusiasmo di un ragazzino, contento e soddisfatto della sua vita professionale condivisa con i grandi della musica di ogni parte del pianeta.

Per chi ha sognato di condurre un'esistenza sui palchi del mondo, questo è un incontro davvero speciale; i racconti sono così dettagliati e piacevoli che sembra di essere stati in quei luoghi, con i grandi musicisti che lui ha incontrato strada facendo.

Nei personaggi dello spettacolo è cosa rara una così grande semplicità e disponibilità al dialogo con le persone di tutti i giorni, anche con quelle che con l'ambiente musicale non hanno nulla a che vedere; scalda davvero il cuore di un fan sentire il musicista tanto apprezzato parlare come un vecchio amico, con semplicità e simpatia! Abbiamo avuto occasione di incontrare molti musicisti, anche meno qualificati, meno importanti e famosi, che si atteggiano a esseri superiori; con lui...è come essere su un altro pianeta. I veri “artisti” rimangono semplici: fanno della loro passione un lavoro ma si rendono perfettamente conto di quale privilegio questo sia!

A tavola, si sa, si chiacchiera meglio e noi oggi, con Massimo Volpe, lo facciamo davvero con gioia.

Il discorso spazia dal passato prossimo a cose che a malapena tutti ricordiamo!

Sempre, ovviamente, tutto inerente alla musica! Parlando, viene fuori il nome di un tastierista: Brian Auger: «Ma sì, suonava con una cantante... dai, come si chiamava?». Nessuno di noi ne ricorda il nome.

Il Maestro (di seguito Massimo, perché a questo punto ci sentiamo autorizzati a parlarne come di un vecchio amico), ci segue nel discorso e racconta: «Lui viveva in Sardegna, ha scritto un pezzo che si chiamava Sardinia... parlava anche bene l'italiano, sì, se la cavava benino».

Il nome della cantante verrà fuori giorni dopo: Julie Driscoll.

Continuando il discorso, tra un boccone e l'altro, felici di avere l'opportunità di passare del tempo in piacevole compagnia del Maestro, l'amico Massimo, ricordiamo un altro tastierista famosissimo: Rick Wakeman, tastierista degli Yes, gruppo importante nel panorama del progressive.

Massimo parte con il racconto: «Il mio amico Mario Fasciano, batterista, anche lui molto coinvolto dal genere prog, ogni tanto va a prendere questi personaggi; ha inseguito Wakeman per molti anni, fino a che non è riuscito a portarlo giù e a suonarci insieme in un disco di musica pop napoletana... Sì, perché l'amico mio, è un “malatone” del genere prog! Con Wakeman ha suonato anche Salvatore Esposito, il nostro mandolinista!».

Sono molti gli artisti d'oltralpe che amano così tanto la musicalità e l'attitudine alla vita degli italiani da venire a stabilirsi qui, generalmente in posti stupendi...

«Eh, sì, infatti Sting sta in Toscana...»... «Sì, vicino al nostro amico – diciamo noi – nei dintorni di Siena».

Siamo ai formaggi: un quasi gorgonzola inglese. Buono! Massimo è un amante del buon formaggio... Mentre li gustiamo parliamo e lui racconta quello che i musicisti de L'Orchestra Italiana fanno nella vita di tutti i giorni; ci parla delle loro caratteristiche personali e di come si siano trovati, tutti insieme, all'interno di questo ensemble, per volontà di Renzo Arbore. Sono tutti personaggi, ognuno con le proprie qualità e preziose peculiarità; artisti completi che non formano un'orchestra casuale, perché Arbore ha espressamente incaricato il Maestro Massimo Volpe (ormai “il nostro amico Massimo”), di formare un'orchestra all'altezza della sua incontenibile necessità di portare in giro per il mondo la musica napoletana!

I componenti de L'Orchestra Italiana sono artisti provenienti prevalentemente dall'area napoletana: Giovanni Imparato, ad esempio... Come si può non rimanere incantati dalle sue capacità; è un personaggio molto particolare: ha studiato canto, è stato ballerino... tutte cose che scopri e che ti fanno apprezzare l'artista a 360°.

Massimo ci racconta un aneddoto sul suo conto: «Giovanni adora Cuba e la sua cultura, la musica e la danza del popolo cubano lo affascinano moltissimo, praticamente è afrocubano, molto latino insomma. Una sera, ci trovavamo allo Sporting Club di Montecarlo, luogo in cui abbiamo suonato molto spesso; eravamo tutti nei camerini, avevamo già fatto le prove per lo spettacolo e ci stavamo preparando. Nei corridoi c'era un via vai incredibile, si sentivano voci e il continuo andirivieni di molte persone. La serata si sarebbe svolta con l'esibizione di un gruppo di ballerini cubani prima di noi... Un sacco di gente insomma, nei corridoi c'era il delirio; già noi, in quanto orchestra, siamo tanti ma quella sera tutti andavano e venivano, c'era molta confusione... A un certo punto, sentimmo delle voci e delle percussioni appena accennate, tanto per dare il giusto ritmo alle voci... una cosa molto latina insomma, se ne coglieva proprio il sound. Una voce solista e tutti in coro che rispondevano... Usciamo dai camerini e... chi ti troviamo là fuori, seduto in mezzo ai ballerini cubani? Giovanni, “il nostro” Giovanni, con il tamburo in mano, da solo... lui faceva il solista e tutti i ballerini gli rispondevano in coro! Una cosa straordinaria, perché lui conosceva dei canti religiosi cubani e loro erano felici e contenti di andargli dietro!

Capite? Con i cubani, perché lui è cubano nell'anima: per questo riesce a trovare il feeling giusto, sempre e con tutti. È anche un profondo conoscitore della musica cubana; la gente latina, si sa, è molto più aperta, solare e disponibile! Erano tutti impegnati in quel concerto improvvisato nei corridoi, felici, lo si leggeva sui loro volti; felici di essere così apprezzati e conosciuti nella loro cultura da Giovanni. Io, sebbene lo conoscessi già da molto tempo, rimasi affascinato e allo stesso tempo meravigliato da questa sua capacità di coinvolgere gli altri. Un suo aspetto che, prima di quell'episodio, non conoscevo. Un personaggio davvero speciale! Questo accadde un bel po' di anni fa, era il '93/'94 o '95, insomma, i primi anni de L'Orchestra Italiana.

È passato un bel po' di tempo da quel giorno! E ancora...vogliamo parlare un po' di Mariano Caiano? Rappa benissimo, canta bene, è capace di riprodurre con la sua voce uno strumento brasiliano chiamato “quica”, tipo il nostro “putipù” napoletano, sapete, quello strumento che si suona con un bastoncino di legno! Lui, Mariano, oggi è così , domani cambia: è un tipo molto speciale e versatile».

Ci sarebbe molto da dire su tutto il lavoro musicale di Massimo, alle tastiere e al pianoforte, all'interno del gruppo... della chitarra di Michele, insomma, del lavoro di tutti i musicisti che collaborano a questo progetto. Questa non è semplicemente gente che accompagna Renzo suonando con lui, non sono “turnisti” della musica, sono tutti artisti completi.

Il Maestro Massimo Volpe aggiunge compiaciuto: «L'Orchestra Italiana vive anche di vita propria e questa è una cosa che sta venendo sempre più alla luce... Ne diventi consapevole ai concerti».

Noi, a questo punto del discorso, interveniamo facendo l'esempio di Tony Levin, che abbiamo avuto l'opportunità di incontrare tempo fa. Grande bassista dello storico e indimenticabile gruppo King Crimson. Suona da sempre con quel personaggio straordinario che è Peter Gabriel, un artista tra i più apprezzati; ebbene, siamo rimasti stupiti dal fatto che Tony Levin abbia suonato anche con Claudio Baglioni come “turnista”... Comunque, certi artisti brillano di luce propria e i componenti de L'Orchestra Italiana hanno una marcia in più: negli occhi e nel DNA c'è la luce di Napoli; una luce particolarmente brillante, una luce che non abbaglia, al contrario, affascina!

«Certo – ci dice Massimo – Renzo Arbore è un personaggio molto particolare, un vero istrione, un “animale da palcoscenico” per eccellenza ma, senza nulla togliere al suo merito e alla sua determinazione nel “creare” la sua personale orchestra, il pubblico comincia a notare anche l'ensemble da solo e lo apprezza moltissimo, dando così prova di una fedeltà antica alle sonorità partenopee in quanto tali e di apprezzamento del valore di ogni musicista. Questo ci rende molto orgogliosi del nostro lavoro e ci fa sentire privilegiati nel poterlo fare in così buona compagnia.

Il bello di Renzo è che lascia molto spazio ai musicisti e li valorizza a seconda delle peculiarità di ognuno; diciamo pure che, se tu sai fare questo bene, per lui tu farai questo bene sempre, a ognuno il suo ruolo. Per Renzo se una cosa funziona così, non si cambia».

Noi tutti ricordiamo con molto piacere le sue trasmissioni, è stato un innovatore nel mondo dello spettacolo e, di certo, si deve a lui la scoperta di molti personaggi che ancora oggi apprezziamo e seguiamo. Chi non ricorda Alto Gradimento? Certo, quelli un po' più giovani non sanno di cosa si stia parlando; noi, invece, sappiamo bene quante risate ci siamo fatti con le battute e l'ironia di personaggi come Mario Marenco, con il suo grembiulino da bambino e con il fiocchetto azzurro; oppure Bracardi che diceva: “Ma perché non sei venuto? Tin”.

Altri tempi, certo; tempi in cui questo era il “nuovo”, il cambiamento nello stile televisivo.

Un grande merito di Renzo Arbore è stato questo: grazie alla sua capacità di inventarsi un genere molto personale, aggiunto alla grande attitudine per la scoperta di nuovi talenti, ci ha fatto conoscere tanti personaggi che, in seguito, avrebbero lasciato un segno nel panorama dello spettacolo e della musica, in Italia e all'estero.

Ma, alla fine, in che anno è nata L'Orchestra Italiana?

E qui il discorso si fa lungo...

Massimo prosegue con il suo racconto: «Renzo Arbore fece una prima raccolta di musicisti nel 1991, io non c'ero ancora, lavoravo con Tullio De Piscopo, facevo gli arrangiamenti per Roberto Murolo e loro avevano un altro arrangiatore.

Avevo già lavorato con Renzo ma per la sua prima orchestra aveva già l'arrangiatore, Gianfranco Lombardi, che lavorava anche per la televisione. Della formazione di allora girano dei filmati, li fanno vedere spesso in tv; c'erano già Giovanni, Michele e Paolo... una grande “orchestrona”, insomma; facevano canzoni tipo Porta un bacione a Firenze, di Odoardo Spadaro, la conoscete? Una canzone del 1937... In particolare c'è un filmato in cui Renzo si esibisce con Massimo Troisi proprio nell'esecuzione di quel pezzo, una chicca! In realtà il primo disco de L'Orchestra Italiana è uscito nel 1992, però abbiamo iniziato a fare i primi concerti, con me come arrangiatore e tastierista, nel 1993. Il merito di tutto ciò che successe poi è del nostro ex produttore dei Popularia, Nando Coppeto, poi diventato produttore di Roberto Murolo. Con lui ho fatto dischi anche per Roberto Murolo, appunto; non so se conoscete il pezzo Don Raffaè di Fabrizio De Andrè – «E chi non lo conosce?!» aggiungiamo noi – bene, lo fece in duetto con Roberto Murolo e io ho arrangiato il pezzo per loro due: l'ho reso meno “rockettaro”, un po' più melodico-napoletano. Precedentemente avevo già avuto l'occasione di lavorare con Renzo e Murolo: Ammore scumbinato... ricordate? Più di vent'anni fa però, nel '90, perché già con Renzo ci bazzicavo da tempo, al di là dell'orchestra.

Lui aveva formato questa “orchestrona”, una cosa multiforme all'interno della quale c'erano Francesca Schiavo, Palatrese e Gegè Telesforo. Renzo voleva sempre che tutti cantassero; aveva i fiati, i mandolini e non amava le parti scritte. Aveva il Maestro che scriveva le parti e a lui questo stava stretto, perché aveva sempre in testa il jazz, viveva jazz e di jazz, aveva l'improvvisazione come filosofia di vita: quattro note di tema e poi tutti a dargli dentro, ognuno con gli assoli, con la propria forza... con il proprio background! Così era ed è anche nella vita, per lui.

Renzo diceva sempre: «Io faccio il jazz quando faccio i programmi; sono improvvisati. Quando ci trovavamo con Boncompagni, mica ci si metteva d'accordo prima, c'era il tema della serata e poi... si improvvisava»... Questo perché lui, essendo “jazzista dentro”, musicalmente parlando, è jazzista in tutto ciò che fa, sempre. Con quella formazione suonò in molte situazioni: Fontana di Trevi, a Roma, Galleria degli Uffizi, a Firenze... ma non riusciva a ottenere quello che in realtà voleva; provavano sempre, erano anche tante persone, ventitré/ventiquattro, una cosa davvero difficile da far funzionare. A quel punto della sua carriera sentiva proprio l'esigenza di un modo diverso di fare musica, più libero da schemi predefiniti, più jazz insomma.

Io, a quel tempo, stavo lavorando allo spettacolo Omaggio a Caruso, a Napoli, al nostro Teatro Mercadante; non so se ricordate o se, per caso, l'avete visto in televisione, perché lo spettacolo finì anche in tv. C'erano tanti ospiti tra i quali Murolo, accompagnato da Nando Coppeto, il suo produttore e grande amico mio; con lui parliamo sempre schiettamente di tutto…

Per quello spettacolo, arrangiai una Funiculì funiculà un po' particolare – e qui Massimo ride con gusto mentre racconta – con tanti ospiti che cantavano: De Piscopo, Eugenio Bennato, Tony Esposito.

Quella sera Nando mi disse “Massimo, ma vuoi andare? Renzo ti sta cercando, parlano sempre di te”... “Ma, non mi ha chiamato nessuno, hanno già Gianfranco Lombardi come arrangiatore, io non c'entro”. In quel momento non ci pensavo, ero già molto contento che altri amici miei suonassero con Renzo: Michele, Paolo, Gennaro, Nunzio.

Un giorno arrivò Nando e mi disse nuovamente che Renzo Arbore mi voleva nel suo progetto, che in quel periodo non stavano facendo niente, non cose musicali insomma.

Anni prima, avevo fatto una cosa con Tullio De Piscopo, Billy Cobham, Rino Zurzolo (il bassista di Pino Daniele); ci andammo pure in televisione, presentava Pippo Baudo, la potete trovare su Youtube... comunque, in quel momento ce ne andavamo in giro con Tullio, in compagnia di Billy Cobham, con due batterie; suonavamo insieme e facevamo jazz-rock.

Suonavo sempre, feci cose anche con Don Moye e Lester Bowie, degli Art Ensemble of Chicago; insomma, facevo tutte queste cose e mi divertivo un mondo! Andai pure in sala di registrazione con Tullio e Billy Cobham; ho conosciuto direttamente un sacco di personaggi del mondo musicale, ero davvero contento e soddisfatto di ciò che stavo facendo. Diciamo pure che in quel momento ero disinteressato alla proposta che mi stava facendo Renzo, non sapevo nemmeno bene cosa lui volesse fare e, sinceramente, non ero proprio entusiasta del genere di musica del quale stavamo parlando, non lo trovavo interessante, nessuna novità insomma, uno spettacolo statico che non mi entusiasmava troppo, l'“orchestrona” buttata là… Ero proprio nel mio momento migliore, non solo come musicista: ero nel pieno della mia attività di arrangiatore con Murolo e lavoravo a pieno ritmo con Tullio e con De Crescenzo (realizzai per lui la pre-produzione del disco Cante Jondo e suonai piano e tastiere nel disco Nudi).

Quando Nando mi disse la parolina magica: “Guarda che ti vuole affidare gli arrangiamenti”, io replicai: “Ma, ne sei sicuro?”; sapendo che si trattava di fare gli arrangiamenti e che non era solo una proposta di colloquio o un provino, la cosa cominciò a destare in me un certo interesse.

Praticamente Renzo Arbore, sentendo i miei arrangiamenti per le canzoni di Roberto Murolo, tipicamente napoletane, notando una “mano” che gli garbava moltissimo, mi voleva nella sua squadra. Nando, a questo punto, mi disse che se la cosa mi interessava davvero, avrei dovuto far presto e aggiunse che mi avrebbe fissato un appuntamento con Renzo, tramite il suo produttore Adriano Fabi. Si trattava di andare a Roma da lui.

Subito dopo Pasqua, feci passare il lunedì in Albis e ci andai.

L'appuntamento era per l'una e io, all'una precisa, nonostante il traffico di Napoli e quello di Roma (città dove andavo spesso e della quale conoscevo bene le strade), mi trovai proprio in via Bruno Bruni, verso la Cassia, dove Renzo aveva un pied-à-terre; il posto da dove trasmetteva anche Quelli della notte, il programma con Antonio e Marcello, ricordate?».

Certo che ricordiamo, abbiamo l'età per farlo! Non immaginavamo però che trasmettesse da casa sua, credevamo fosse uno studio televisivo!

«No, no; attrezzavano la casa di Renzo, portando là le telecamere. Infatti, tutto, anche le interviste, sono state fatte a casa sua. Renzo ha una casa piena di oggettini e cose di plastica, un materiale che lui ama tantissimo... Ricordate il teatrino dove suonavano Antonio e Marcello? Era il salotto di casa sua. Aveva un coccodrillo lungo tre metri che si accende, peperoncini con la luce interna; insomma, tutto ciò che la fantasia può immaginare riprodotto in plastica! Adora tutte quelle cose e te le mostra orgoglioso e contento, una casa-spettacolo che rispecchia perfettamente come lui è in realtà; un vero uomo di spettacolo, sempre! Ora abita in un altra casa, un attico con un balcone su Roma che è uno spettacolo, ovviamente tutto pieno di cose, perché lui è un grande collezionista.

Ha un deposito di dischi, tutti catalogati, una cosa incredibile! Comunque, per finire: suonai il campanello, lui si affacciò e mi accolse con un: “Ammazza, ma da dove vieni... dalla Svizzera o vieni da Napoli?”... stupito dal fatto che un napoletano fosse arrivato in orario! Pensava che sicuramente sarei arrivato in ritardo, gli sembrava normale per un napoletano! Data la mia puntualità, finì che mangiammo insieme ma prima facemmo un po' di spesa in un supermercato lì vicino... Renzo che trainava un carrello!

Saltammo i convenevoli alla napoletana (anche se lui è foggiano purosangue), mi spiegò esattamente quello che si aspettava da me; da qui nacque la rivoluzione della sua orchestra e iniziò la nostra avventura insieme che diede vita a L'Orchestra Italiana.

Tutto questo iniziò perché, in quel periodo, verso la fine degli anni '80, inizio degli anni '90, stavo lavorando agli arrangiamenti per Murolo. Avevo fatto una tournée con Lina Sastri e stavo, stranamente, iniziando una mia personale “via napoletana”; non immaginavo assolutamente dove questo mi avrebbe portato, per me era lavoro. Nando Coppeto produsse un disco, Spaccanapoli, in cui tutti gli artisti e i gruppi napoletani si cimentavano con un classico napoletano; io e il mio gruppo, Popularia, scegliemmo di fare Luna Rossa, era il 1990...

Sapete, tutti quegli artisti: Tullio De Piscopo, Lina, Buonocore, Pino Daniele, Gino Paoli, Ornella Vanoni ecc. giravano con la produzione di Willy David, il famoso produttore dell'Agenzia 051 di Bologna.

Una sera – ricordo perfettamente, suonavo con Lina Sastri all'Olimpico di Roma, non lo stadio, il teatro – venne anche Renzo a sentirci; stava iniziando a fiutare questa “aria nuova” napoletana. Comunque, quando mi chiamò, mi spiegò quello che voleva fare: mettere su un'orchestra napoletana. Disse: “Io ci ho provato con altri ma non ci sono ancora riuscito, scappano. Come sentono che si tratta di un'orchestra di musica napoletana scappano, ma io ho la mia idea e voglio realizzarla in ogni caso; loro non mi seguono ma io non mollo, lo voglio fare, ne ho l'esigenza assoluta... Chitarre, mandolini, voci, percussioni, ritmo”.

Discutemmo sui testi napoletani, su quali eventualmente prendere in considerazione...

Io gli portai – e qui sorride compiaciuto – delle partiture (spartiti) originali d'epoca, di quando nascevano i pezzi nel '40/'50. Veramente me le sono trovate perché, molti anni prima, un amico dei miei fratelli, più grande di me, mi chiese se potessero interessarmi. Gli era morto lo zio (un musicista del mio quartiere, il Maestro Feliciano), non aveva altri parenti, quindi sarebbe toccato a lui sgomberare la sua casa; in quel momento erano cose che non gli servivano, inutili, non le avrebbe sicuramente utilizzate e le avrebbe buttate. Sarebbe stato un vero peccato!

A quell'età, avrò avuto 15/16 anni, non mi interessavo molto di musica napoletana perché avevo altri gusti, Area e gruppi alternativi di quel periodo, ma quando andai in quella casa e vidi questi spartiti ingialliti dal tempo, per fortuna li presi ed è stato bene così! Non potevo certo sapere che li avrei utilizzati molto tempo dopo!

Devo confessare che le canzoni napoletane mi sono sempre piaciute, forse grazie al fatto che mia mamma le cantava, e anche bene: avrebbe voluto fare la cantante ma non le fu possibile per via della mentalità del tempo.

Mio nonno era molto geloso della figlia, sapete come la si pensava una volta sulle donne. Nonostante questo, mia mamma mi ha sempre detto: “La musica non la freni!”.

In seguito, quando si accorse della felicità di mio fratello mentre suonava la chitarra e vide che io, il quarto di cinque figli, ero affascinato dai miei fratelli che suonavano e mi divertivo a strimpellare già da piccolino, mi fece prendere lezioni di pianoforte; avrò avuto 10/11 anni quando cominciai.

Si sentiva che ero molto portato per la musica; riuscivo a suonare a orecchio le canzoni napoletane, cosa che poi, al conservatorio... guai a fare, erano rigidissimi! Mi sono iscritto nel '69, a 11 anni, e ci ho fatto le medie; là il jazz non era permesso, o studiavi come dicevano loro o... ho avuto dei castighi che... manco ve lo dico! A casa però, con mia mamma, che aveva la voce da soprano e che cantava tutte le canzoni classiche napoletane, mi divertivo a suonare proprio a orecchio, specialmente nelle feste di famiglia. Non è che amassi quelle canzoni in modo particolare ma le avevo dentro a forza di sentirle; quando sei giovane, queste cose ti sembrano vecchie, cose dei genitori, ascolti altro: Beatles, Uriah Heep, Emerson ecc., però questo tipo di musica popolare ti entra dentro comunque!

Per tornare agli spartiti; li conservai, li suonavo ogni tanto, o con la mamma o ai “festini” (così si chiamavano allora le feste), potevo avere quindici anni. Suonavo anche con i cantanti alle cerimonie e mi guadagnavo qualche soldino per comprare i primi strumenti, intanto continuavo a studiare al conservatorio. Mai avrei potuto immaginare che mi sarebbero serviti per fare altro! Invece, quando andai da Renzo, mi portai dietro tutto il faldone, sapete, quelli di cartone pressato.

Lui li sfogliò entusiasta, interessato com'era alla musica napoletana; capì subito che lì c'era un pozzo da cui attingere per l'orchestra che voleva creare.

Cominciammo subito a scegliere un po' di pezzi e uscirono fuori canzoni come: Luna Rossa; Era de maggio; Scètate; Mandolinata a Napoli... “Bellissima canzone”, dissi io; lui non la ricordava, infatti non è nel primo disco, è nel secondo! Lui conosceva molto più di me Napoli e le canzoni napoletane; nella mia città Renzo, per forza di cose, ha vissuto più di me!

Si iscrisse all'Università di Napoli a diciotto anni, sua mamma aveva origini napoletane, era una pianista e suonava proprio quelle canzoni. Renzo è nato con le canzoni napoletane! Lui mi raccontò che le sentiva fin da piccolo: le cantavano i “faticatori”, a Foggia chiamavano così i muratori che lavoravano durante la ricostruzione, nel dopoguerra; lavoravano e se la cantavano».

A questo punto, siamo arrivati al caffè e il Maestro, il nostro amico Massimo, ci stupisce ancora: «No, grazie, non bevo il caffè, non mi piace! Sono un napoletano che non beve il caffè».

Noi eravamo preoccupati per il timore che il nostro caffè non fosse all'altezza di un napoletano!

Ci dilunghiamo nella discussione tra un dolce tipico napoletano, che Massimo gentilmente ha portato e un bel vassoio di paste “nordiche”, scambio “dolce-culturale”; parliamo delle sensazioni che abbiamo provato quando stati ospiti di amici musicisti napoletani: ti svegli al mattino, apri la finestra e senti gente che canta, senti musica da ogni parte e addirittura la caffettiera, rigorosamente marchiata Napoli (qui si intende la squadra), canta 'O surdato 'nnammurato quando esce il caffè! Insomma, un altro mondo, bellissimo!

«Sì, quella è Napolimania, conoscete il marchio? Fanno le magliette e un sacco di altre cose, comprese la caffettiere che cantano!».

Noi conosciamo Salentomania, perché siamo stati spesso in Salento; purtroppo conosciamo Napoli solo tramite la serie televisiva Un posto al sole (che guardiamo ormai da un po', essendone davvero appassionati). Qui riparte il discorso su questa città meravigliosa, piena di contraddizioni ma allo stesso tempo affascinante e parliamo della serie televisiva che descrive e rappresenta Napoli, in tutti i suoi aspetti, davvero in modo molto realistico e costruttivo.

Intanto degustiamo i dolcetti: Nord e Sud, uniti nella gioia!

Parte un discorso intorno ai dolciumi e ci lasciamo andare ad apprezzamenti sui dolci tipici, conosciuti e meno conosciuti.

Siamo riusciti a conquistare i nostri amici napoletani con dei cioccolatini tipici di Torino e un tipica torta di Ivrea, non capita tutti i giorni!

Il nostro gatto russa mentre noi parliamo, così, notata la cosa, cominciamo a raccontarci dei nostri animali: parliamo di quelli che ci accompagnano attualmente e di quelli che ci hanno accompagnato ma non ci sono più.

«Io ora ho due cani – dice Massimo – ma una volta ne avevo uno davvero speciale, anche lui randagio, un segugio che ha condiviso tutto con me, mi seguiva dappertutto, veniva anche in tournée; aveva il pass di De Crescenzo! Tutti ricordano il mio cane, perché aveva una particolarità: cantava! Si accucciava sotto il mio pianoforte mentre io studiavo e, al contrario di quello che credevo, cioè che la musica gli potesse dar fastidio alle orecchie, gli piaceva moltissimo: se suonavo si addormentava, se smettevo si svegliava! Chick (da Chick Corea) era ancora giovane, poteva avere cinque/sei mesi allora, era il 1987.

Un giorno, mentre ascoltavo il disco di Eduardo De Crescenzo Nudi (che lui mi aveva appena fatto avere per ascoltarlo in pace a casa), c'era un pezzo che ha un assolo di sintetizzatore: Chick iniziò a drizzare le orecchie e a mugolare, quasi a canticchiare, a seguire un po', a modulare il guaito. In quell'occasione iniziai a capire un po' “l'orecchio” del mio cane; da quel momento in poi è cominciata un'escalation... ogni qual volta sentiva la musica arrivare dalle altre case, usciva sul balcone e cantava, iniziava il suo concertino... Aveva anche i suoi gusti personali: gli piaceva molto – e qui Massimo ride di gusto – il pezzo di Lucio Dalla Attenti al lupo! Incredibile, anche il titolo del pezzo in questo caso calzava a pennello, Chick sembrava lo sapesse, ogni volta che lo sentiva iniziava a ululare e cantare! Era davvero un cane speciale; a un certo punto fui costretto a buttarlo fuori dalla stanza, almeno quando studiavo o lavoravo in studio. Non mi faceva lavorare, continuava a cantare! Io lo mandavo fuori e lui rientrava dall'altra porta! Sì, perché il mio studio si trovava in una stanza centrale della casa, qui potevo lavorare e suonare senza disturbare; c'erano due porte, una delle quali non si chiudeva bene, così lui poteva rientrare spingendola con una testata e tornare sotto il piano, sempre vicino a me! Così avevo abituato il “cantante!».

Sentiamo una nota di emozione sincera nella sua voce. 
«Comunque – continua Massimo – tornando al discorso di Renzo, dell'orchestra e di quello che ci siamo detti al nostro incontro a casa sua, quel giorno discutemmo anche di cose più tecniche e dei componenti dell'orchestra; parecchi gli piacevano molto, Giovanni soprattutto, perché faceva quelle cose particolari con la voce. Renzo lo conosceva e lo apprezzava già da tempo... erano tutti amici quelli che a lui piacevano di più: “Francesca, la cantante, ce la teniamo sicuramente!”.

Chiese a me cosa ne pensassi... si parlò di Michele, di Paolo... tutti amici miei; suonavamo insieme nei Popularia. Una sola cosa disse: “Io voglio assolutamente chitarre e mandolini”… e qui ci trovammo a cavallo; stava parlando con uno che si è inventato un suono nuovo con i mandolini, nei Popularia! “Il gruppo che ti serve c'è già – dissi io – sono i componenti dei Popularia”.

Gruppo che lui conosceva, perché avevamo già suonato al Montreux Jazz Festival nell'83, a quel tempo eravamo un gruppo emergente. Era il periodo in cui da Napoli erano già usciti Pino Daniele e Napoli Centrale; noi venivamo subito dopo, essendo un po' più giovani, eravamo tra i gruppi emergenti del “ Neapolitan Power ” (come si definiva allora il nostro movimento musicale).

Era il 1984 e Renzo ci presentò come gruppo novità da Gianni Minà e ci invitò anche a Villa Ada, a Roma, dove lui organizzava dei concerti, per una rassegna in cui ci volle far suonare.

C'era anche Roberto D'Agostino, sapete, il giornalista».

Noi chiediamo se fosse anche lui una scoperta di Arbore, ci pare di ricordarlo.

«E... anche quell'altro... mi sfugge il nome... Dario... sì, quello con il ciuffone».

«Ah, Salvadori!» – diciamo noi – «Sì, proprio lui, Dario Salvadori, faceva il critico musicale! Ma sì, erano tutti in quella sua trasmissione televisiva: L'altra domenica, ricordate? Forse tutti scoperti da lui, perché Renzo, anche come talent scout, è sempre stato innovativo; ha tirato fuori molti artisti e personaggi del panorama dello spettacolo italiano. Il suo desiderio era di riscoprire le vecchie canzoni napoletane, quelle che si cantavano ai matrimoni, alle cerimonie varie ma solo a Napoli o nella regione; lui voleva rispolverarle, portarle in giro per il mondo con un “vestito nuovo” e farle conoscere a tutti. Questo voleva; nessuno l'aveva fatto prima e lui, con il suo modo di pensare in grande, all'americana, ci voleva riuscire assolutamente!

Chitarre, mandolini e percussioni: i Popularia erano proprio ideali per quel progetto.

Nei Popularia eravamo in sette; lui prevedeva un gruppo di quindici elementi, abbiamo dovuto raddoppiare un po' tutto aggiungendo un altro mandolino, quello di Nunzio (Reina), che suonava già nella sua orchestra precedente.

Io avevo suonato insieme a lui con Lina Sastri. Lo conoscevo, quindi dissi a Renzo quanto fosse bravo, in più, avendo lui suonato con gli altri due: Gennaro (Petrone) e Salvatore (Esposito), si conoscevano bene anche tra loro. Gennaro e Nunzio, invece, avevano lavorato insieme, con Mario Merola. Sicuramente, con questi componenti, sarebbe stata un'orchestra armoniosa, sia come caratteri sia come musicisti. Infatti, questa alchimia dura da tanto! Ci conosciamo tutti bene, lavoriamo insieme in armonia e, cosa molto importante, nessuno vuole prevalere sugli altri.

Così decidemmo a tavolino quali elementi aggiungere attorno a questa ossatura dei Popularia, per creare, finalmente, l'ensemble che Renzo voleva: L'Orchestra Italiana.

Michele (Montefusco), Paolo (Termini), Marco ( Manusso ) alle chitarre e Giovanni (Imparato), con le sue percussioni, c'erano già; noi (Popularia), come percussionista avevamo Peppe (Sannino) – difatti non faceva ancora parte della prima formazione – che entrò da subito per i live dell'orchestra; eravamo quattordici, non ancora sedici, non c'era nemmeno Beniamino (Esposito), che è entrato in un secondo momento della produzione del primo disco dell'orchestra.

Abbiamo pensato subito ai cantanti, all'ossatura dell'orchestra e al suono, soprattutto al suono. Abbiamo fatto fare un provino a Eddy Napoli, che fu proposto da Renzo che lo conosceva. Sapete come si chiama Eddy Napoli? … lo ricordate?... quello con il codino biondo! Nella nostra prima formazione cantavano lui e Francesca Schiavo. Si chiama Eduardo De Crescenzo, come Eduardo De Crescenzo; sono cugini infatti, figli di due fratelli, entrambi con lo stesso nome e cognome, succede spesso a Napoli. Si usa molto dare il nome del nonno, non solo da noi, anche in altre parti d'Italia. Il papà di Eddy è l'autore del testo di Luna Rossa; Vian scrisse la musica e lui il testo. A questo punto, avendo il figlio dell'autore, decidemmo di farla assolutamente, anche se era già stata prevista. Anche noi Popularia, in tempi non sospetti, facemmo una versione di Luna Rossa, un po' più ballabile, strumentale, solo con una parte vocale che cantava Gennaro (Petrone); con questa canzone abbiamo partecipato a un compilation (vedete, già là stava nascendo qualcosa!), sempre con la produzione di Nando Coppeto, famoso produttore di Murolo, al quale dobbiamo il nostro ringraziamento anche per la spinta che ha sempre dato verso L'Orchestra Italiana.

Nando produsse una compilation con tutti i gruppi emergenti di cui vi ho accennato prima, quelli della nuova ondata napoletana che approcciavano al repertorio classico: Popularia; 666; Brunella Selo con il suo gruppo, Chorus Latino, che fecero una bella canzone tutta vocale, a cappella.

Insomma, raccolse tutti i musicisti dell'area napoletana che interpretavano le canzoni napoletane in modo personale e innovativo, senza per questo dimenticare la tradizione.

Quando mi chiesero che pezzo avrei voluto fare con i Popularia, io scelsi Luna Rossa.

La compilation si chiamava Spaccanapoli e la nostra interpretazione era una via di mezzo tra Pat Metheny e le sonorità mediterranee, solo strumentale, piena di mandolini, un po' struggente.

Tutto questo, manco a farlo apposta, successe nell'89/90, prima che Renzo mi chiamasse per collaborare al suo progetto come arrangiatore; mi emoziono ancora a sentire quel pezzo! Chi avrebbe immaginato che nell'aria ci fosse già qualcosa che ci avrebbe fatto approdare a Renzo Arbore! Da lì a un paio di anni nacque il progetto di Renzo e Luna rossa, infatti, fu uno dei primi pezzi de L'Orchestra Italiana, un caso incredibile, avremmo potuto scegliere un'altra canzone e invece scegliemmo proprio quella; quando una cosa deve accadere, semplicemente accade!

Renzo la volle molto ritmata, 'sta rumba... all'epoca c'erano i Gipsy King, musica gitana... per Renzo noi eravamo come loro, “stradaioli”, con il sound di Napoli nel sangue!

Abbiamo lavorato un po' a casa sua e poi ci siamo rintanati in uno studio sconosciuto, minimale, a San Sebastiano al Vesuvio, per fare i provini per i quali Renzo impazziva.

A quell'epoca lui stava con Mara Venier e, ogni tanto, veniva con lei in questo quartiere residenziale, un po' defilato. Era la villetta di un amico mio, con sotto lo studiolo attrezzato, non eravamo proprio isolati da tutto ma comunque era un luogo tranquillo per quello che dovevamo fare, anche se Portici è una zona a sud di Napoli, con la densità di popolazione più alta, dopo Tokyo. A Napoli non bisogna spaventarsi: vanno in tre sul motorino, pure in quattro, senza casco, si rovinano i capelli! Nel quartiere Sanità, per esempio, c'è un andirivieni continuo di motorini... tutti ci vanno senza casco, non si capisce niente! Per le strade principali però, non vogliono sapere niente, ormai le regole le rispettano tutti. Ho un fratello che abita a Trani e non mi pare che Napoli sia il peggior posto!».

«Anche in Puglia non scherzano con il caos sulle strade e il non rispetto delle regole» – diciamo noi che ci siamo stati spesso!

A questo punto, la discussione si trasforma in un discorso sui dialetti, le lingue e i diversi posti dove siamo stati tutti noi. Ci raccontiamo le varie esperienze, come si fa con amici che si conoscono da sempre. Una bellissima esperienza: dei fan che pranzano con il loro musicista di riferimento.

Massimo riparte con il racconto sulla nascita e la vita dell'orchestra: «Durante il mio incontro con Renzo, costruimmo l'orchestra a tavolino, lo so, è un po' brutto da dire ma fu così: un'ipotetica idea dell'orchestra che lui desiderava. Praticamente, decidemmo quali sarebbero stati i musicisti che ne avrebbero fatto parte e, in quell'occasione, mi fece sentire dei vecchi 78 giri, perché ci volevamo concentrare sulle voci; naturalmente Renzo aveva una quantità industriale di dischi dell'epoca, come potete immaginare. Mi fece ascoltare Gilda Mignonette, una cantante degli anni '20/'30, il periodo in cui ci fu l'emigrazione in America. Lei accompagnava gli emigranti sulle navi e aveva un'orchestra che, prevalentemente, utilizzava mandolini, chitarre ecc.

Quando lei non cantava e c'era il riff strumentale, l'orchestra eseguiva la melodia, però, nello stesso tempo, anche i musicisti cantavano in coro; si alzavano e cantavano, come nello swing americano degli anni '50... si alzavano e rispondevano alla cantante. Era musica napoletana, melodie strappacuore; canzoni di emigranti che lasciavano la loro terra e i loro affetti, canzoni tipo Santa Lucia luntana, oppure un'altra, intitolata addirittura Connola senza mamma che, tradotto, significa “culla senza mamma”; immaginate la tragicità dei testi di quelle canzoni: il bambino rimasto senza la mamma, che è partita per andare a cercare lavoro e fortuna lontano, all'estero. Una cosa davvero straziante! Renzo mi fece sentire quelle canzoni, perché pensava di prendere un po' a modello quelle cose; una traccia di idea, ovviamente e, come sapete, le abbiamo poi riportate con altri ritmi più adatti a noi. Lui spronava verso quel tipo di cose e io le mettevo in pratica, seguendo le sue idee». «Alla fine, – chiediamo noi – chi ha fondato L'Orchestra Italiana?».

«Allora, – riprende Massimo – l'idea è stata di Renzo, io l'ho aiutato a metterla in pratica, dietro sua specifica richiesta; alcuni componenti facevano già parte della sua orchestra precedente; no, no, l'idea è tutta sua, assolutamente! Nessuno di noi avrebbe mai pensato di fare una cosa del genere! Nemmeno i napoletani all'interno dello star system avrebbero mai pensato di mettere su un'impresa del genere! Pensavano: 'Ma questo, che s'è messo in testa mò!?'...

Sapete, Renzo aveva in testa idee che non a tutti potevano arrivare; lui, così estroso e innovativo, un vero vulcano di idee e di entusiasmo, sempre all'avanguardia! Non era facile per molti stargli dietro... alcuni si defilavano, addirittura i suoi amici, quelli con i quali lui aveva sempre fatto le trasmissioni, non persone che non lo conoscevano! Le sue prime trasmissioni televisive erano parecchio strane a un primo approccio; Renzo era troppo all'avanguardia, un vero precursore dei tempi! Cose tipo Quelli della notte oppure Indietro tutta; chi non le ricorda come cose nuove, innovative e molto avanti per quegli anni? Ora, per esempio, tanto per non perdere la sua peculiarità di innovatore, c'è Renzo Arbore Channel, una web tv: dato che lui non ama andare in televisione, se la fa da solo! Ogni tanto fa una puntata in streaming, da casa sua; con lui c'è sempre Gegè Telesforo. La trasmissione è realizzata in collaborazione con repubblica.it e la puntata viene trasmessa in televisione, sui canali di RepubblicaTV.

L'ultima trasmissione, quella del 9 dicembre 2014 (la nona puntata), è stata Webnotte bianco e nero; direttamente dal salotto di casa sua, come dicevamo prima. Oltre all'immancabile Gegè, c'erano Nino Frassica, Adriano Fabi (il produttore), Greg, Max Paiella, Teresa Mannino e Gino Castaldo con Ernesto Assante (di RepubblicaTV), alla conduzione. Tutti personaggi che voi sicuramente conoscerete. Renzo è sempre stato un innovatore; lui apre la strada con le sue cose, poi gli altri seguono, anche in fatto di trasmissioni televisive.

Vi ho già parlato di quei due ragazzi che ci hanno invitato all'università, alla radio; bene, loro due escono da una selezione per trovare conduttori di programmi radiofonici, non si conoscevano prima. Ruggero, il più grande (ha trent'anni), laureato, giornalista; il più giovane, Matteo, ne ha venti.

Ci raccontarono che, dopo aver mandato il curriculum in radio, fu deciso di metterli insieme, sapete perché? Perché entrambi avevano come modello Arbore! Capite!? Al di là delle loro caratteristiche personali, avevano in comune una vera passione per Renzo, del suo modo di fare i programmi: un vero modello al quale ispirarsi! Singolare che dei giovanissimi, invece di avere come modello, che so, Linus, Amadeus, o altri come loro, abbiano avuto invece, come ideale di uomo di spettacolo, dj e intrattenitore, uno come Renzo; è molto bello! Non so se sapete che lui è il fondatore, nonché Presidente, dell'Associazione Italiana Deejay; ha aperto la strada a tutti quelli che sono venuti dopo e che sono cresciuti con il suo modo di concepire lo spettacolo e la radio.

Un esempio di uomo di spettacolo che sa fare il suo lavoro, pur non essendo altrettanto innovativo, è Pippo Baudo; ma, a differenza sua, Arbore si è tenuto fuori dai meccanismi mentre Baudo c'era dentro fino al collo.

Essendo Renzo un innovatore, uno spirito libero, uno che vive “jazz”, non riesce a stare nel sistema, intendo nell'ingranaggio RAI ecc. Ogni anno, come cambiava il direttore, puntualmente arrivava la telefonata a Renzo: 'Che programma vuoi fare?... Per caso vorresti presentare Sanremo?'. Lui ha sempre rifiutato; deve fare tutto a modo suo e con chi vuole lui.

L'ultima cosa che ha fatto per la RAI è stata: Speciale per me... ovvero meno siamo e meglio stiamo; quella trasmissione dove tutti erano seduti ai tavolini, in una atmosfera da localino jazz – c'era un sacco di gente – forse la ricordate. Ci suonammo con L'Orchestra Italiana in una serata tutta nostra e in seguito, alcuni di noi, tornarono in una performance con Andrea Bocelli; peccato che il programma andasse in onda di sera molto tardi!».


A questo punto, gli chiediamo chi abbia fondato i Popularia: «Come, chi ha fondato i Popularia!? Io ovviamente, insieme a Gennaro Petrone, Roberto Ciscognetti, Salvatore Esposito e Franco Sansone, che è stato il nostro primo chitarrista, diventato un ottimo liutaio poi e che ha costruito i mandolini elettrificati per noi. Massimo Cecchetti non c'era ancora, avevamo già il bassista, anche se non è stato uno dei fondatori; l'abbiamo inserito nel gruppo dopo... con i bassisti abbiamo fatto così. Poi è arrivato Massimo e siamo andati avanti con lui».

La discussione va avanti, si trasforma, sale e scende su montagne russe; si parla davvero di ogni cosa... Con Massimo Volpe è davvero un gran piacere discutere e lo è ancor di più avere la possibilità di fargli domande e di ricevere risposte su di lui e sui musicisti che, insieme a lui, danno vita a questa grande formazione musicale che tanto ci appassiona.

Il pomeriggio che fuori è grigio, all'interno della stanza si trasforma in un colore chiaro e solare. Questi discorsi ci fanno bene e ci riempiono il cuore di emozioni; difatti ripartiamo a parlare di Mariano Caiano: «Ha fatto parte dei Cafè Latino, ricordate la canzone Paìs Latino, (produzione napoletana), la formazione di Roberto Ferrante? Mariano ha suonato anche con il gruppo di J-Ax: Articolo 31, come percussionista, faceva anche le voci. Ha fatto un sacco di cose... come ognuno di noi! Perché, di Nunzio Reina, il mandolinista, vogliamo parlare? Adesso insegna al conservatorio di Benevento; ha suonato con Lina Sastri e, per tanti anni, con Mario Merola.

Nunzio ha una formazione come concertista classico e suona con orchestre di musica classica».

Ora, parlando, ricordiamo i componenti che hanno fatto parte de L'Orchestra Italiana e che, purtroppo, non ci sono più. Sono Beniamino Esposito, Gennaro Petrone e Claudio Catalli.

Qui il ricordo e l'emozione hanno il sopravvento nel racconto di Massimo: «Sono stati componenti storici della formazione, quella originale. Certo, il tempo passa e la vita va avanti; ci sono altri musicisti al loro posto ma L'Orchestra Italiana continuerà a suonare sempre con il loro ricordo e la loro presenza sul palco e nel cuore. Beniamino, purtroppo, ci manca già da molti anni, quindi direi che l'ultima vera formazione, quella che ha suonato insieme fino a pochi mesi fa, è stata quella con Gennaro e Claudio; tutto il resto... viene dopo ed è ancora da scriversi. Abbiamo la fortuna e il piacere di avere dei fan davvero molto affezionati.

Pensate che a Nola, un paese a poco più di trenta km da Napoli, abbiamo un carissimo fan, ormai un amico. Bene, siccome sto insegnando proprio lì ultimamente, capita che lui mi inviti al bar per una buonissima cioccolata calda insieme; è veramente una brava persona, appassionato di cucina e di cibo, della nostra musica e della nostra attività, tanto da seguirci spesso ai concerti.

È molto gratificante riuscire ad avere un così bel rapporto di amicizia con le persone che ci seguono e ci supportano; è un motivo in più per essere felici della nostra passione che si è tramutata in lavoro, una vera fortuna! Tra le cose che faccio, suono anche con un altro gruppo: R-Evolution, un gruppo jazz-fusion, un jazz elettrico, più alla Davis; una cosa recente, iniziata da poco.

Ci suoniamo io e Peppe Sannino, il percussionista de L'Orchestra Italiana e c'è il batterista di Napoli Centrale, Franco Del Prete, quello che suonava con James Senese e che con lui è stato fondatore del gruppo. Siccome tutti siamo amanti della musica di Davis, Weather Report ecc., ogni tanto facciamo serate nei jazz club della Campania; prossimamente suoneremo a Fisciano. Sapete, Napoli è Napoli; un po' la capitale di tutte le cose, succede di tutto, tutta la musica esiste a Napoli! Salerno e Caserta, invece, sono luoghi più dedicati al jazz; da questi posti stanno uscendo anche jazzisti molto qualificati. Non so se conoscete Dario Deidda, un bassista che suona con Gegè Telesforo. Dario è di Salerno, in famiglia sono due o tre fratelli, molto preparati; devo dire che ora Salerno ha persino superato Caserta per quanto riguarda il jazz e i musicisti che lo suonano!».


A questo punto si è fatta sera, sappiamo che il nostro tempo insieme sta per terminare.

Ricordiamo come ci siamo conosciuti personalmente e come il nostro rapporto sia diventato, da rapporto fan/artista a... semplicemente Amici, con la A maiuscola!

Ci siamo trovati subito in sintonia con il Maestro Massimo Volpe e, a questo punto della nostra storia, ci sembra di conoscerlo da sempre.

Questa, nell'ambiente musicale, è cosa rara: la disponibilità e la classe di una persona come Massimo vengono fuori alle prime parole, ai primi sguardi... ed è subito armonia.

Massimo, poco prima di salutarci, ci racconta ancora cose che noi vogliamo sentire, non siamo ancora stanchi: «Suoniamo anche senza Renzo, a volte, magari privatamente, in qualche convention... Poco prima di Natale, ad esempio, abbiamo suonato con L'Orchestra Italiana, senza di lui, in un hotel di Sorrento, per un'associazione benefica che raccoglieva fondi. Ci prestiamo molto volentieri per queste occasioni.

Ci è capitato di suonare anche per il Circolo Nautico di Napoli, Circolo Canottieri, un posto bellissimo sulla riviera. In quell'occasione c'era anche Peppino di Capri, che è nostro amico, un grande personaggio della storia musicale napoletana. Ricorderete tutti le sue canzoni: Roberta, Champagne, Una zebra a pois... (cantata anche da Mina)».

Parliamo di Sergio Endrigo, Luigi Tenco... Insomma, da Napoli ai Radiohead in cinque minuti: quando si parla di musica non si finirebbe mai! 
Purtroppo arriva il momento di salutarci; ognuno tornerà ai propri impegni ma questa giornata, questo pomeriggio di “chiacchiere” in libertà, resterà per sempre scolpito nei nostri ricordi e nei nostri cuori.

Siamo certi che non sarà l'ultimo ma il primo di altri che verranno, in fondo quando si vuole... si trova il tempo per fare tutto! Ci vedremo presto, Maestro; non ci perderemo nessun concerto possibile, la nostra ammirazione e il nostro apprezzamento rimarranno inalterati nel tempo, anzi, potranno solo crescere e diventare più forti.

Grazie, per tutte le emozioni genuine che ci trasmettete con L'Orchestra Italiana e con la vostra musica. Da oggi in poi vi ascolteremo con maggior gusto, se possibile: siamo Amici, adesso!